“Per avere luce
bisogna farsi crepa,
spaccarsi,
sminuzzarsi,
offrire.”
(Chandra Livia Candiani)
La primavera, in questi giorni di sole, sboccia, nonostante il calo delle temperature. Nuovi germogli, tenere foglie vincono la resistenza della dura corteccia e si offrono al primo sole con la fiducia e la speranza propria della vita nascente. E noi ammiriamo commossi la bellezza degli alberi in fiore.
Così è la nostra vita se consentiamo al nuovo, al bello, alla nostra essenza più vera di rompere la durezza delle nostre corazze e di venire alla luce. Se consentiamo ai desideri di bene e di giustizia racchiusi in noi in potenza di farsi atto, diventando azioni concrete di solidarietà e di accoglienza. A volte succede per nostra iniziativa, ma quante volte la vita ci chiama, ci spoglia, dolorosamente, dalle nostre protezioni e germoglia in noi inaspettatamente? Non sempre acconsentiamo a fiorire… Di quante vite ammiriamo l’impegno, le decisioni, il coraggio di attraversare le difficoltà… Ammiriamo l’albero a primavera inoltrata, ci soffermiamo ad osservare l’esito della fioritura, ne godiamo i frutti dimenticando che ogni fiore, ogni foglia è nata da una ferita per la corteccia della pianta, ferite senza le quali la pianta sarebbe morta, priva di futuro. Ogni vita porta in sé delle ferite che se lo vogliamo possono diventare feritoie, scorci di luce…
Quante sono le ferite quotidiane dalle quali speriamo sboccino fiori e frutti di vita? Come vivere pienamente l’accoglienza anche quando, passati gli entusiasmi iniziali, trasforma i nostri intenti e li trasfigura in esiti impensati e inattesi?
L’accoglienza come la vita stessa attraversa il suo Triduo e si fa passione, morte di aspettative, attesa indefinita e incomprensibile e resurrezione di speranza, prima ancora nella nostra vita che in quella degli altri. Perché tutti, nessuno escluso, abbiamo bisogno di salvezza e di speranza. E abbiamo bisogno di ricordarcelo reciprocamente. Non siamo soli sotto la Croce.
Contemplando il crocifisso si può cogliere come le due dimensioni tracciate dai legni abbraccino sia l’orizzontalitá del quotidiano e dell’immanente, del limite e delle fragilità alle quali siamo inchiodati. Ma aprano anche a ciò che va oltre noi stessi, ad una verticalità, ad una trascendenza che ci supera nello spazio e nel tempo e nelle rappresentazioni che possiamo darci. C’è un Oltre nell’accoglienza che supera i nostri sforzi quotidiani ed è l’eccedenza che non ci appartiene dove spesso avviene il miracolo, la Resurrezione, le resurrezioni di cui non siamo artefici ma alle quali offriamo le nostre vite.
Nel capolavoro del Masaccio “La Crocifissione” del Polittico di Pisa, in cima alla croce, al posto dell’iscrizione canonica, è rappresentato un albero che fiorisce, un seme che schiudendosi, morendo, porta frutto, genera vita, bellezza.
Questo è l’esito della Passione, questa la vittoria sulla morte: offrire la propria vita affinché vinca la bellezza di una vita piena.
Buona Pasqua!