Mi chiamo Enea

In questi giorni si moltiplicano, sui media e sui social, video appelli e dichiarazioni concitate in merito alla vicenda del piccolo Enea, affidato dalla madre naturale alla Culla per la vita presso la clinica Mangiagalli di Milano.

“A me viene solo da esprimere, oltre allo sdegno per come si stia strumentalizzando una vicenda così delicata e dolorosa, una riflessione su come l’Italia sia sempre abitata da una visione stereotipata dell’affido, dell’adozione e delle situazioni a cui fanno fronte.

Uomini che commentano e giudicano la scelta di una donna, ma passano sotto silenzio l’assenza di un padre; commenti ripetuti sulla salute e la bellezza di un bimbo, lasciando intendere che situazioni diverse sarebbero state un attenuante al gesto; attribuzioni indebite a presunte difficoltà economiche come motivazioni di una scelta di cui non sappiamo l’origine. E infine parole che minano nel profondo una possibilità di amore e di futuro autentico per Enea da parte di chi lo accoglierà e lo crescerà davvero, una famiglia accogliente che sarà una VERA famiglia.

Chiunque conosca almeno una storia di affido o di adozione sa che in casi come quello di Enea non devono esserci parole di commento, ma una commozione profonda per due vite che si affidano alle cure altrui, una gratitudine per chi ha dato alla luce e cerca un futuro per la creatura che ha generato, scegliendo l’anonimato ma trasmettendo con una lettera tutto il bene possibile a memoria futura, per un bimbo che è stato voluto e poteva non essere.”

Valeria Rossi